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PROSSIMI EVENTI 

il 25 novembre dalle UDI

UDI BONDENO  UDI COMACCHIO UDI FERRARA  UDI FORLI UDI GENOVAPer il terzo anno consecutivo l'UDI di Genova organizza incontri e riflessioni rivolti in particolare alle giovani generazioni. Le prossime iniziative sono fissate per il 15 e il 23 novembre, rispettivamente all'Università di Genova e a Palazzo Ducale. Chiediamo ulteriori informazioni a Flora Cordone, Responsabile della Biblioteca Margherita Ferro dell’UDI di Genova. Coordinatrice dell’organizzazione dell’evento AUDIZIONI 3.0: “Le biblioteche e i diritti delle donne” (Palazzo Ducale, 23/11/2023). UDI MODENAin occasione del 25 novembre - Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne,  martedì 14 novembre 2023 alle ore 18.00 presso la Sala Renata Bergonzoni - Casa delle Donne di Modena (str. Vaciglio nord, 6) si terrà la presentazione del libro Coccodè. Una storia di quiet quitting di Ambra Radaelli (Mursia, 2023) promosso da UDI Modena con il Patrocinio del Comune di Modena. Un romanzo, ambientato nella redazione di un magazine, che racconta il lavoro delle donne tra sessismo e classismo Saluti: Andrea Bosi, Assessore Politiche per il Lavoro e la legalità Comune di ModenaDialoga con l'autrice: Serena Ballista, Presidente UDI ModenaInterviene: Francesca Arena, Responsabile PO e Politiche di genere UIL Mo-Re. UDI MONTEVERDE E UDI LA GOCCIAComunicatoQuando “Un cuore che batte” sono dueIl 16 maggio scorso è stata presentata alla Corte Superiore di Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo “Un cuore che batte”.Propone di aggiungere all’articolo 14 della legge 194 del 1978 il comma 1-bis che così recita “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta in grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso.”I promotori antiabortisti tra cui “Ora et Labora, in Difesa della Vita” scrivono di averla inviata tramite Pec a tutti i comuni italiani, dunque, è una proposta di legge nazionale.La prima domanda è: i signori che hanno scritto questa proposta pensano, sonoramente sbagliando, che la donna che è intenzionata ad abortire non sappia il senso di quello che ha deciso di fare? La ritengono una irresponsabile? E non si rendono conto del carico offensivo insito nella loro proposta - purtroppo già colpevolmente e vergognosamente operativa in alcuni ospedali - che si configura come una forma di dissuasione col sapore di stigma, punizione preventiva per chi voglia utilizzare la 194, una legge dello stato regolarmente approvata a larga maggioranza dal Parlamento italiano? Va allora stigmatizzato e punito anche lo Stato?Vogliamo ricordare che l’aborto è sempre esistito in tutto il mondo e innumerevoli sono, nei millenni, le donne morte nel tentativo di fare i conti con un corpo fertile, che agisce senza tenere in considerazione le condizioni di vita e di salute mentale e psichica della potenziale madre. Noi donne sappiamo bene per esperienza che si sceglie di abortire per amore/rispetto di sé ma anche per amore del progetto di vita che si porta in grembo. Abbiamo riflettuto tanto insieme e lottato per trasformare la procreazione da destino ineluttabile a scelta responsabile fino ad ottenere i consultori e la legge 194. È stato un passaggio fondamentale di civiltà in quanto non esiste dignità del soggetto al di fuori della possibilità di scelta: il corpo biologico, infatti, non esaurisce la piena soggettività di noi esseri umani.Siamo indignate per questa ennesima provocazione, un tentativo di rimessa in discussione della nostra autodeterminazione, e riteniamo una grave scorrettezza istituzionale il fatto che Enti locali come il VI Municipio di Roma stiano facendo propaganda per la raccolta di firme su proprie pagine Facebook o altrove.Continueremo ad aprire spazi di confronto e ci auguriamo che non si raggiungano le 50mila firme necessarie. Nello stesso tempo vigileremo affinché nei Comuni d’Italia non compaiano come propaganda e invito alla firma manifesti come quelli più volte in passato ritirati in quanto ritenuti offensivi della dignità di noi donne e della nostra libera scelta.Roma, 8 novembre 2023                       UDI ROMANA LA GOCCIA  e UDI MONTEVERDE UDI BOLOGNA UDI RAVENNA​

L'oscena passione per la guerra

 7 Novembre 2023 Mie care, vi ricordate? abbiamo concluso la nostra riflessione di ottobre 2022 dicendo che noi donne dovremmo imparare a guardare l’umanità come il contadino guarda un campo di grano, come cosa nostra, fatta da noi. Oggi questo campo ci appare in rovina. Eravamo in tante, chi era venuta dal sud, chi dal nord come si faceva un tempo per i nostri appuntamenti importanti. A rimetterci insieme è stata anche la nostalgia ma soprattutto la necessità di dirci a che punto stavamo e la voglia della nostra vecchia pratica, la voglia di pensare insieme.Eccovi un altro invito: con voi questa volta, abbiamo voglia di pensare alla guerra, alla sua natura profonda, la guerra la più grande costante della storia, la grande passione degli uomini. Pensare alla guerra fuori dagli schieramenti perché, vi anticipiamo la nostra posizione, non siamo capaci di schierarci. Non siamo capaci di pensare chi ha torto, chi ha ragione di fronte non tanto alla morte quanto alla crudeltà che la guerra rende possibile e lecita.Ci sembra ipocrita la conta dei bambini morti, ma ciò che sentiamo insopportabile è lo spavento che provano quei bambini da vivi. Il loro terrore ci sembra di non poterlo perdonare. Spaventare i bambini è un grande delitto, perché la paura non passa.Le donne hanno perso tutte le guerre della storia anche quando i loro uomini le hanno vinte. Viviamo male in questo mondo che ha perduto l’eros, dove i corpi possono ridursi troppo facilmente a forme geometriche e con una testa perché rotonda ci si può giocare a pallone e gli occhi possono essere meravigliose biglie.Le parole ci vengono meno, il sonno è sempre più difficile, sentiamo in noi salire una strana rabbia a cui dare senso. Da qui l’urgenza di essere ancora insieme.l’oscena passione per la guerraSabato 24 Febbraio ore 10/13, 15,30/19 Domenica 25 Febbraio ore 10/ 13 ancora solo donneCinema Farnese piazza Campo de’ Fiori Roma Non ci saranno interventi preordinati. La riflessione sarà libera.Ogni quindici giorni questo invito si ripeterà, e ogni invito sarà accompagnato da un testo. Il primo è questo piccolo racconto di Virginia Woolf che alleghiamo. Un saluto da Alessandra Bocchetti e Franca ChiaromonteL’iscrizione è necessaria per contarciLa quota per partecipare è di 30 euro, Fondazione Rut ETS, IBAN: IT22M 0501 8032 0000 0017 1512 42 servirà per pagare il luogo che ci accoglie e spese tecniche.Non accettiamo altri finanziamenti, non vogliamo sponsor. L’evento sarà solo nostro in tutti i sensi possibili, come sempre abbiamo fatto e come è scritto nella nostra storia.Per comunicare  Pensieri di pace durante un’incursione aerea, scritto nell’agosto 1940Traduzione di Nadia Fusini  La notte scorsa e quella ancora prima i tedeschi sono passati su questa casa. Eccoli di nuovo. È una strana esperienza stare sdraiati al buio e sentire il ronzio di un calabrone che in qualsiasi momento può pungerti a morte. È un rumore che impedisce ogni riflessione fredda e coerente sulla pace. Eppure è un rumore che assai più delle preghiere e degli inni nazionali dovrebbe costringerci a pensare alla pace. A meno di non riuscire a pensare alla pace, ognuno di noi, ognuna di noi – non solo questo corpo qui, il mio, steso su questo letto, bensì milioni di corpi non ancora nati – resteremo noi tutte e noi tutti così, al buio, ad ascoltare questo rantolo di morte sopra le nostre teste. Cerchiamo di pensare invece che cosa si può fare per creare il solo rifugio antiaereo efficace, mentre in alto in collina i cannoni rimbombano – pam! pam! pam! - e i riflettori tastano le nuvole, e qua e là, a volte vicino, a volte lontano, cade una bomba.In alto nel cielo giovani uomini inglesi e giovani uomini tedeschi si combattono. Sono uomini i difensori, sono uomini gli attaccanti. Alle donne inglesi non vengono consegnate le armi, né per combattere il nemico, né per difendersi. Devono giacere al buio inermi la notte. Eppure, se si crede che il combattimento in cielo è una battaglia tra gli inglesi per proteggere la libertà, e i tedeschi per distruggere la libertà, anche le donne devono lottare, per quanto possono, dalla parte degli inglesi. Ma come si può lottare per la libertà senza armi da fuoco? Fabbricando armi, oppure uniformi, o alimenti?Invece no, c’è un modo di combattere per la libertà senza armi: possiamo combattere con la mente. Possiamo ‘fabbricare’ idee, che aiuteranno il giovane uomo inglese che combatte su in cielo a sconfiggere il nemico.Ma affinché le idee siano efficaci, dobbiamo essere in grado di ‘spararle’. Dobbiamo metterle in atto. Così il calabrone in cielo risveglia un altro calabrone nella mente. Ce n’era uno che ronzava sul Times di stamattina. Era la voce di una donna che sosteneva: “In politica le donne non hanno voce.” Non c’è nessuna donna al Governo, né in nessun altro posto di responsabilità. Coloro che producono idee, e sono in grado di attuarle, sono tutti uomini. Ecco un pensiero che affossa il pensiero, e incoraggia l’irresponsabilità. E allora, perché non nascondere la testa nel cuscino, turarsi le orecchie e abbandonare del tutto la futile attività di produrre idee? Ci sono altri tavoli, oltre ai tavoli dei piani bellici, e delle conferenze e dei negoziati. Ma rinunciando al pensiero, sedute al tavolo da tè, non  priviamo forse il giovane inglese di un’arma che potrebbe essergli utile? Non stiamo esagerando la nostra incapacità, solo perché le nostre capacità ci esporrebbero magari all’insulto, al disprezzo? “Non cesserò di combattere con la mente,” scrive Blake. Combattere con la mente significa pensare contro corrente, e non a favore.La corrente scorre veloce, impetuosa. È un fiume di parole che straripa dagli altoparlanti e dalle bocche dei politici. Ogni giorno ci dicono che siamo un popolo libero, che combatte per difendere la libertà. Questa è la corrente che ha trasportato il giovane pilota su in cielo, e lo tiene lì, tra le nuvole. Quaggiù, sotto la copertura di un tetto, con una maschera antigas a portata di mano, è nostro compito bucare i palloni gonfiati che cianciano e smascherare i germi di verità. Non è vero che siamo liberi e libere. Sia noi sia il pilota siamo prigionieri stasera: lui imprigionato nella sua macchina con un’arma a portata di mano, noi sdraiate al buio con una maschera antigas a portata di mano. Se fossimo liberi, saremmo all’aperto, a ballare, a teatro, oppure seduti a chiaccheare alla finestra. Che cosa ce lo impedisce? “Hitler!” gridano unanimi gli altoparlanti. Chi è Hitler? Che cos’è Hitler? Aggressione, tirannia, amore forsennato del potere, rispondono. Distruggetelo, e sarete liberi. Libere.Sulla mia testa ora sento il rimbombo degli aerei, è come una sega contro il ramo di un albero. Vanno in tondo, e segano il ramo proprio sopra la mia casa. E nel cervello un altro rimbombo comincia. “Le donne capaci” - così diceva Lady Astor sul Times di stamani - “vengono frenate, ostacolate, sottomesse per via dell’inconscio hitlerismo presente nel cuore degli uomini.” È vero, noi tutte siamo ostacolate, bloccate, sottomesse. Stanotte siamo tutti egualmente prigionieri, sia gli uomini inglesi negli aerei, sia le donne inglesi nei loro letti. Ma se il pilota smette di pensare, può essere ucciso. E allora pensiamo noi al posto suo. Proviamo a trasportare alla coscienza l’inconscio hitlerismo che tutti e tutte ci opprime: il desiderio di aggressione, il desiderio di dominare e schiavizzare… Gli Hitler sono generati dallo schiavismo.Cade una bomba. I vetri della finestra tremano. Le contraeree entrano in azione. Là, in cima al colle, sotto una rete mimetica a toppe di stoffa verde e marrone, che imitano i colori delle foglie d’autunno, si nascondono i cannoni. Ora sparano tutti insieme. Il giornale radio delle nove ci dirà: “Quarantaquattro aerei nemici sono stati abbattuti nella notte, dieci dal fuoco delle contraeree.” Una delle condizioni della pace, dicono gli altoparlanti, dev’essere il disarmo. Non ci dovranno essere mai più né armi, né esercito, né marina, né forza aerea nell’avvenire. I giovani uomini non saranno più addestrati a combattere con le armi. Il che sveglia un altro calabrone nelle camere del cervello - un’altra citazione: “Combattere contro un nemico in carne e ossa, guadagnarmi così  l’onore immortale e la gloria, uccidendo dei perfetti sconosciuti, tornare a casa con il petto coperto di medaglie e di decorazioni, quello era il colmo della speranza… A questo scopo avevo dedicato tutta la mia vita, la mia educazione, la mia formazione, tutto, finora …” Sono le parole di un giovane inglese che ha combattuto nell’ultima guerra. Davanti alle quali, gli attuali pensatori possono onestamente credere che, scrivendo “disarmo” su un pezzo di carta in una conferenza dei ministri, avranno fatto tutto ciò che si doveva fare per fermare la guerra? Otello potrà anche non farà più il suo mestiere, ma sarà sempre Otello. Il giovane pilota su in cielo non è guidato soltanto dalle voci degli altoparlanti; è guidato da voci che ha dentro di sé – istinti antichi, istinti incoraggiati e nutriti dall’educazione e dalla tradizione. È da biasimare per questo? Noi donne potremmo forse sopprimere l’istinto materno, se così ci comanda un gruppo di politici seduti intorno a un tavolo? Facciamo conto che fra le condizioni di pace ci fosse questa, imperativa: “Procreare è ristretto a una piccolissima classe di donne appositamente selezionate” - lo accetteremmo? O non diremmo: “L’istinto materno è la gloria della donna. A questo scopo è dedicata la sua vita, la sua educazione, la sua preparazione del corpo, tutto…” Ma se fosse necessario, per il benessere dell’umanità, per la pace nel mondo, che la maternità venisse controllata, e l’istinto materno represso, le donne ci proverebbero. Gli uomini le aiuterebbero. Le onorerebbero per la loro rinuncia a fare figli. Offrirebbero altre possibilità alla loro potenza creativa. Anche questo dovrebbe fare parte della nostra lotta per la libertà. Noi donne dobbiamo aiutare i giovani uomini inglesi a strapparsi dal cuore l’amore per le medaglie e per le decorazioni. Dobbiamo creare attività più onorevoli per chi prova a dominare dentro di sé l’istinto bellico, l’inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l’uomo per la perdita delle armi.Il rumore di sega sulla mia testa aumenta. Tutti i riflettori sono ora puntati su in alto. Verso un punto che sta esattamente sopra questo tetto. In qualunque momento può cadere una bomba in questa stanza. Uno due tre quattro cinque sei… I secondi passano. La bomba non è caduta. Ma durante quei secondi di attesa, il pensiero s’è bloccato. Tutte le sensazioni si sono bloccate, tranne la sensazione opaca della paura. Un chiodo crocefigge l’essere mio tutto intero contro un’asse di legno solido. La paura e l’odio sono emozioni sterili, improduttive. Non appena la paura passa, la mente si riprende e d’istinto torna a vivere, a creare. Siccome la stanza è al buio, si può creare soltanto grazie alla memoria. La mente si protende verso il ricordo di altri mesi d’agosto - a Bayreuth, a sentire a Wagner; a Roma, a passeggio per la campagna romana; a Londra. Riaffiorano le voci degli amici. Frammenti di poesia. Ognuno di questi pensieri, anche nel ricordo, è assai più positivo, rinfrescante, consolatore e creativo dell’opaco spavento fatto di paura e di odio. Perciò, se vogliamo compensare quel giovane uomo della perdita della gloria e delle armi, dobbiamo aprirgli l’accesso ai sentimenti creativi. Dobbiamo fare, creare la felicità, dobbiamo liberarlo dalla macchina, dobbiamo tirarlo fuori dalla sua prigione, trascinarlo all’aperto. Ma a che cosa serve liberare il giovane inglese, se il giovane tedesco e il giovane italiano rimangono schiavi?I riflettori accesi sulla pianura hanno finalmente scovato l’aereo. Dalla finestra si vede un piccolo insetto argentato che rotea nella luce. I cannoni sparano e sparano, pam, pam, pam! Poi cessano. Probabilmente, dietro il colle, l’aereo incursore è stato abbattuto. L’altro giorno, un pilota tedesco è atterrato sano e salvo in un campo qui vicino. In un buon inglese, ha detto a chi l’ha catturato: “Come sono contento che il combattimento è finito!” Al che l’uomo inglese gli ha dato una sigaretta, e la donna inglese gli ha offerto una tazza di tè. Questo starebbe a dimostrare che se si riesce a liberare l’uomo dalla macchina da guerra, il seme non cade in un suolo completamente sterile. Il seme può ancora fecondare…​   

Il decreto Caivano non riguarda le donne

La violenza maschile extradomestica contro le donne riguarda il rapporto di sopraffazione da parte di uomini non ascrivibili a categorie di età, censo, alle qualità ambientali/abitative o al grado di scolarizzazione ed emancipazione sociale. La risposta del governo alla cosiddetta emergenza stupri, diffusa capillarmente su tutto il territorio nazionale, potrebbe limitarsi, per ora al decreto Caivano, che però provvede a predisporre un complesso di provvedimenti che in realtà riguardano il recupero dell’abbandono annoso e colpevole di una particolare zona del napoletano, dove si è acceso l’interesse per la copertura economica di progetti improntati alla visione dei soggetti che li promuovono e che rimandano al privato le competenze pubbliche. Non è la prima volta che l’indisponibilità di case rifugio per le donne è stata supplita con iniziative confessionali. Salvaguardare le donne, è chiaro anche in questo caso, non è una priorità del governo, ed anzi tutto si riduce a “curare e educare gli offenders”, che sono dei veri criminali: un’impresa sulla quale si interroga da sempre la comunità scientifica. Inoltre se poi questa “cura si limita ai minorenni”, la domanda di libertà e salvaguardia che viene dalle donne esce dalle prospettive di governo ed amministrative, il livello che si dovrebbe occupare della sicurezza dei trasporti, che per le donne a volte sono un salto nel buio. Le bambine di Caivano, levate alle madri, resteranno col loro dolore insieme a tutte quelle che in questi mesi si sono trovate di fronte alla fossa dei leoni e al muro dei potenti. Quello che si rifiuta di fare la politica istituzionale, con i partiti e i centri dell'informazione, è guardare dentro, e non intorno come fa, al crimine, è rendere giustizia alle vittime, invece di metterle sotto esame.  Si deve probabilmente tornare a una rete militante che offra il proprio sapere quando e dove il pericolo si presenta: le donne devono sapere che un'altra donna farà in modo di aiutarla a sottrarsi alla minaccia. bisogna passare dalle parole pietose ai gesti concreti in modo che lo facciano anche quelli che finora non lo hanno fatto.    Stefania Cantatore dell’UDI di Napoli Napoli, 7/11/”23     

Al sindaco di Napoli circa manifesto e raccolta di firme "un cuore che batte"

Al Sindaco di Napoli                           Prof. Gaetano Manfredie p.c. ai componenti della Giunta Gentile Sindaco, in tutta Italia, e purtroppo a Napoli, la raccolta delle firme per la modifica della legge 194, con un articolo che assegna al personale sanitario l’obbligo di imporre l’ascolto, da parte delle utenti, del battito cardiaco prima di procedere all’interruzione volontaria di gravidanza, l’aborto garantito dalla legge, procede lanciata da una campagna. Abbiamo inoltre notizia di volonterosi che agiscono anticipazioni, illegittime, dell’ascolto del cuore fetale. Prima ancora di segnalare che i manifesti di detta campagna sono affissi in spazi di concessione comunale e nel sito del Comune, le ricordiamo che detti manifesti sono fuori dai canoni dalle raccomandazioni Europee, che fanno capo alla CEDAW, essendo improntati da immagini altamente offensive per la dignità femminile, le ricordiamo la delibera adottata il 25 novembre 2010 dal Comune di Napoli per la quale sono state rimosse immagini propagandistiche lesive, fino a tutta l’ultima consiliatura. Anche il Senato su proposta del 2020, visto il tenore della comunicazione nel nostro paese, ha ritenuto di dover deliberare in materia comunicativo/pubblicitaria, così come prescritto dalla ratifica (anche il nostro comune ha provveduto a ratificarla) della Convenzione di Istanbul. La convenzione è una legge, come quella sull’aborto, che non è mai stata accettata, è anzi osteggiata dal movimento pro-vita, secondo l’orientamento emerso in Turchia, Iran, Russia, Polonia ed altri che postulano la libertà di imporre l’ordine religioso/patriarcale all’interno delle famiglie. Come garante della salute di ogni cittadino sul territorio urbano e sul mantenimento delle garanzie legali, la invitiamo a verificare la tenuta della legge 194 e ad accertare che nei presidi sanitari non vengano svolte pratiche minatorie della salute psicologica e psichica delle donne che accedono a tali servizi. Abbiamo già avuto occasione, in ordine a una delibera dell’ASL 1 di Napoli, di intervenire per abusi progettati dal movimento antiabortista, che intendeva introdursi nei reparti di IVG e nei consultori, e nel caso, come da legge, la direzione sanitaria e quella amministrativa regionali hanno provveduto ad annullare il provvedimento. Chiediamo per questo la rimozione, dal sito del Comune dell’avviso del movimento pro-vita e quella dei manifesti rappresentano il feto simbolico sovrapposto al ventre femminile, ricordando che fino alla nascita la gravidanza è nel corpo femminile, inviolabile e non sottoposta a volontà altre che non siano quelle delle donne. Supportate, se necessario, dalla Costituzione che non permette il governo del ventre, così come vieta l’imposizione di trattamenti in ambito sanitario. UDI di Napoli, Arcidonna, Associazione Salute Donna, Aps Psy.com, la Camera Blu, le Minerve Aps, Donne Medico Napoli, 5/011/23     

Comunicato legge di Bilancio 2024

Il giudizio che l’Unione Donne in Italia esprime nel merito delle misure riguardanti le politiche familiari, previste nella bozza della legge di Bilancio 2024, è sostanzialmente negativo. Se l’obiettivo del governo Meloni è di mettere in campo per il tramite di tali misure un incremento della natalità, esso non sarà raggiunto. Infatti, siamo certe che a tale incremento non si giungerà laddove ancora non si propongano provvedimenti a sostegno del lavoro femminile e al superamento della disoccupazione e del precariato, oggi così  grave in Italia, provvedimenti che si sostanzino in parità salariale adeguata, migliori politiche di conciliazione con i bisogni famigliari, contrasto alle molestie sul luogo di lavoro ed altro ancora. Ci chiediamo il motivo per il quale le misure governative proposte riguardino mamme con due o più figli, e non anche le donne non ancora divenute madri o con un unico figlio. Difatti la decontribuzione per le lavoratrici con più di un figlio, nonché il rafforzamento del fondo asili nido, cosi rovinati in molte regioni, riguarda solo la prima categoria che, come apprendiamo dalla Presidente Meloni, a differenza di tutte le altre ed in particolare di quella rappresentata dalle donne senza figli, hanno offerto “un importante contributo alla società”. L‘eliminazione delle quote dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici per un anno, se hanno due figli fino all’età di 10 anni del più piccolo, e in modo permanente per quelle con tre figli fino ai 18 anni del più piccolo, risponde poi ad una definita impostazione culturale, peraltro illusoria, che vede nelle madri con più figli il motore propulsore per modificare una società malata di denatalità. La gratuità del nido previsto per il secondo figlio, fra l’altro, è poco chiara:  in una nota del ministero dell'Economia si è semplicemente fatto riferimento a un "rafforzamento del bonus asili nido" e anche Palazzo Chigi, nel comunicato del 16 ottobre 2023 seguito al Consiglio dei ministri, parla semplicemente di un “rafforzamento del bonus asili nido” con un aumento del fondo di oltre 150 milioni. Di fatto, non vi è alcun impegno preciso sulla gratuità del nido per il secondogenito. Come nessuna risoluzione concreta è stata prospettata al problema sistemico della inadeguatezza degli asili nido in Italia - che è agli ultimi posti in Europa per strutture pubbliche in grado di accogliere i bambini - con la conseguenza che l'accudimento dei bambini grava ancora interamente sulle famiglie e in particolare su donne e nonni. Esprimiamo inoltre le medesime perplessità manifestate da Chiara Saraceno sull’incentivo per le nuove assunzioni di mamme, giovani sotto i 30 anni: “Intanto non è chiaro per quanto tempo sarà la decontribuzione e inoltre bisognerà stare molti attenti a cosa faranno le imprese, perché nella corsa all’incentivo si rischia di vedere molte donne lavoratrici costrette alle dimissioni con la promessa della ri-assunzione, donne che però in quel modo perderebbero l’anzianità e ripartirebbero da zero”. Infine, l’aumento dell’indennità di congedo parentale, che passa dal 30 al 60 per cento dello stipendio, non risolve il problema a monte: in Italia solo un uomo su tre lo richiede  e  si continua a perpetrare una distribuzione disomogenea dei ruoli di cura tra genitori. Se, come rimarcato dalla Presidente Meloni nella conferenza stampa di presentazione della legge di Bilancio 2024, uno dei suoi obiettivi è anche “smontare il racconto per il quale favorire la natalità è un disincentivo al lavoro delle donne”, l’Unione Donne in Italia giunge alla conclusione che l’attenzione esclusiva per le madri, per di più non con un unico figlio, toglie centralità ai diritti e ai bisogni delle donne, che, solo se davvero sostenute nel lavoro e nelle politiche di welfare, possono pensare di divenire consapevolmente madri. Il giudizio che l’Unione Donne in Italia esprime nel merito delle misure riguardanti le politiche familiari, previste nella bozza della legge di Bilancio 2024, è sostanzialmente negativo. Se l’obiettivo del governo Meloni è di mettere in campo per il tramite di tali misure un incremento della natalità, esso non sarà raggiunto. Infatti, siamo certe che a tale incremento non si giungerà laddove ancora non si propongano provvedimenti a sostegno del lavoro femminile e al superamento della disoccupazione e del precariato, oggi così  grave in Italia, provvedimenti che si sostanzino in parità salariale adeguata, migliori politiche di conciliazione con i bisogni famigliari, contrasto alle molestie sul luogo di lavoro ed altro ancora. Ci chiediamo il motivo per il quale le misure governative proposte riguardino mamme con due o più figli, e non anche le donne non ancora divenute madri o con un unico figlio. Difatti la decontribuzione per le lavoratrici con più di un figlio, nonché il rafforzamento del fondo asili nido, cosi rovinati in molte regioni, riguarda solo la prima categoria che, come apprendiamo dalla Presidente Meloni, a differenza di tutte le altre ed in particolare di quella rappresentata dalle donne senza figli, hanno offerto “un importante contributo alla società”. L‘eliminazione delle quote dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici per un anno, se hanno due figli fino all’età di 10 anni del più piccolo, e in modo permanente per quelle con tre figli fino ai 18 anni del più piccolo, risponde poi ad una definita impostazione culturale, peraltro illusoria, che vede nelle madri con più figli il motore propulsore per modificare una società malata di denatalità. La gratuità del nido previsto per il secondo figlio, fra l’altro, è poco chiara:  in una nota del ministero dell'Economia si è semplicemente fatto riferimento a un "rafforzamento del bonus asili nido" e anche Palazzo Chigi, nel comunicato del 16 ottobre 2023 seguito al Consiglio dei ministri, parla semplicemente di un “rafforzamento del bonus asili nido” con un aumento del fondo di oltre 150 milioni. Di fatto, non vi è alcun impegno preciso sulla gratuità del nido per il secondogenito. Come nessuna risoluzione concreta è stata prospettata al problema sistemico della inadeguatezza degli asili nido in Italia - che è agli ultimi posti in Europa per strutture pubbliche in grado di accogliere i bambini - con la conseguenza che l'accudimento dei bambini grava ancora interamente sulle famiglie e in particolare su donne e nonni. Esprimiamo inoltre le medesime perplessità manifestate da Chiara Saraceno sull’incentivo per le nuove assunzioni di mamme, giovani sotto i 30 anni: “Intanto non è chiaro per quanto tempo sarà la decontribuzione e inoltre bisognerà stare molti attenti a cosa faranno le imprese, perché nella corsa all’incentivo si rischia di vedere molte donne lavoratrici costrette alle dimissioni con la promessa della ri-assunzione, donne che però in quel modo perderebbero l’anzianità e ripartirebbero da zero”. Infine, l’aumento dell’indennità di congedo parentale, che passa dal 30 al 60 per cento dello stipendio, non risolve il problema a monte: in Italia solo un uomo su tre lo richiede  e  si continua a perpetrare una distribuzione disomogenea dei ruoli di cura tra genitori. Se, come rimarcato dalla Presidente Meloni nella conferenza stampa di presentazione della legge di Bilancio 2024, uno dei suoi obiettivi è anche “smontare il racconto per il quale favorire la natalità è un disincentivo al lavoro delle donne”, l’Unione Donne in Italia giunge alla conclusione che l’attenzione esclusiva per le madri, per di più non con un unico figlio, toglie centralità ai diritti e ai bisogni delle donne, che, solo se davvero sostenute nel lavoro e nelle politiche di welfare, possono pensare di divenire consapevolmente madri. Il giudizio che l’Unione Donne in Italia esprime nel merito delle misure riguardanti le politiche familiari, previste nella bozza della legge di Bilancio 2024, è sostanzialmente negativo. Se l’obiettivo del governo Meloni è di mettere in campo per il tramite di tali misure un incremento della natalità, esso non sarà raggiunto. Infatti, siamo certe che a tale incremento non si giungerà laddove ancora non si propongano provvedimenti a sostegno del lavoro femminile e al superamento della disoccupazione e del precariato, oggi così  grave in Italia, provvedimenti che si sostanzino in parità salariale adeguata, migliori politiche di conciliazione con i bisogni famigliari, contrasto alle molestie sul luogo di lavoro ed altro ancora. Ci chiediamo il motivo per il quale le misure governative proposte riguardino mamme con due o più figli, e non anche le donne non ancora divenute madri o con un unico figlio. Difatti la decontribuzione per le lavoratrici con più di un figlio, nonché il rafforzamento del fondo asili nido, cosi rovinati in molte regioni, riguarda solo la prima categoria che, come apprendiamo dalla Presidente Meloni, a differenza di tutte le altre ed in particolare di quella rappresentata dalle donne senza figli, hanno offerto “un importante contributo alla società”. L‘eliminazione delle quote dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici per un anno, se hanno due figli fino all’età di 10 anni del più piccolo, e in modo permanente per quelle con tre figli fino ai 18 anni del più piccolo, risponde poi ad una definita impostazione culturale, peraltro illusoria, che vede nelle madri con più figli il motore propulsore per modificare una società malata di denatalità. La gratuità del nido previsto per il secondo figlio, fra l’altro, è poco chiara:  in una nota del ministero dell'Economia si è semplicemente fatto riferimento a un "rafforzamento del bonus asili nido" e anche Palazzo Chigi, nel comunicato del 16 ottobre 2023 seguito al Consiglio dei ministri, parla semplicemente di un “rafforzamento del bonus asili nido” con un aumento del fondo di oltre 150 milioni. Di fatto, non vi è alcun impegno preciso sulla gratuità del nido per il secondogenito. Come nessuna risoluzione concreta è stata prospettata al problema sistemico della inadeguatezza degli asili nido in Italia - che è agli ultimi posti in Europa per strutture pubbliche in grado di accogliere i bambini - con la conseguenza che l'accudimento dei bambini grava ancora interamente sulle famiglie e in particolare su donne e nonni. Esprimiamo inoltre le medesime perplessità manifestate da Chiara Saraceno sull’incentivo per le nuove assunzioni di mamme, giovani sotto i 30 anni: “Intanto non è chiaro per quanto tempo sarà la decontribuzione e inoltre bisognerà stare molti attenti a cosa faranno le imprese, perché nella corsa all’incentivo si rischia di vedere molte donne lavoratrici costrette alle dimissioni con la promessa della ri-assunzione, donne che però in quel modo perderebbero l’anzianità e ripartirebbero da zero”. Infine, l’aumento dell’indennità di congedo parentale, che passa dal 30 al 60 per cento dello stipendio, non risolve il problema a monte: in Italia solo un uomo su tre lo richiede  e  si continua a perpetrare una distribuzione disomogenea dei ruoli di cura tra genitori. Se, come rimarcato dalla Presidente Meloni nella conferenza stampa di presentazione della legge di Bilancio 2024, uno dei suoi obiettivi è anche “smontare il racconto per il quale favorire la natalità è un disincentivo al lavoro delle donne”, l’Unione Donne in Italia giunge alla conclusione che l’attenzione esclusiva per le madri, per di più non con un unico figlio, toglie centralità ai diritti e ai bisogni delle donne, che, solo se davvero sostenute nel lavoro e nelle politiche di welfare, possono pensare di divenire consapevolmente madri. Il giudizio che l’Unione Donne in Italia esprime nel merito delle misure riguardanti le politiche familiari, previste nella bozza della legge di Bilancio 2024, è sostanzialmente negativo. Se l’obiettivo del governo Meloni è di mettere in campo per il tramite di tali misure un incremento della natalità, esso non sarà raggiunto. Infatti, siamo certe che a tale incremento non si giungerà laddove ancora non si propongano provvedimenti a sostegno del lavoro femminile e al superamento della disoccupazione e del precariato, oggi così  grave in Italia, provvedimenti che si sostanzino in parità salariale adeguata, migliori politiche di conciliazione con i bisogni famigliari, contrasto alle molestie sul luogo di lavoro ed altro ancora. Ci chiediamo il motivo per il quale le misure governative proposte riguardino mamme con due o più figli, e non anche le donne non ancora divenute madri o con un unico figlio. Difatti la decontribuzione per le lavoratrici con più di un figlio, nonché il rafforzamento del fondo asili nido, cosi rovinati in molte regioni, riguarda solo la prima categoria che, come apprendiamo dalla Presidente Meloni, a differenza di tutte le altre ed in particolare di quella rappresentata dalle donne senza figli, hanno offerto “un importante contributo alla società”. L‘eliminazione delle quote dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici per un anno, se hanno due figli fino all’età di 10 anni del più piccolo, e in modo permanente per quelle con tre figli fino ai 18 anni del più piccolo, risponde poi ad una definita impostazione culturale, peraltro illusoria, che vede nelle madri con più figli il motore propulsore per modificare una società malata di denatalità. La gratuità del nido previsto per il secondo figlio, fra l’altro, è poco chiara:  in una nota del ministero dell'Economia si è semplicemente fatto riferimento a un "rafforzamento del bonus asili nido" e anche Palazzo Chigi, nel comunicato del 16 ottobre 2023 seguito al Consiglio dei ministri, parla semplicemente di un “rafforzamento del bonus asili nido” con un aumento del fondo di oltre 150 milioni. Di fatto, non vi è alcun impegno preciso sulla gratuità del nido per il secondogenito. Come nessuna risoluzione concreta è stata prospettata al problema sistemico della inadeguatezza degli asili nido in Italia - che è agli ultimi posti in Europa per strutture pubbliche in grado di accogliere i bambini - con la conseguenza che l'accudimento dei bambini grava ancora interamente sulle famiglie e in particolare su donne e nonni. Esprimiamo inoltre le medesime perplessità manifestate da Chiara Saraceno sull’incentivo per le nuove assunzioni di mamme, giovani sotto i 30 anni: “Intanto non è chiaro per quanto tempo sarà la decontribuzione e inoltre bisognerà stare molti attenti a cosa faranno le imprese, perché nella corsa all’incentivo si rischia di vedere molte donne lavoratrici costrette alle dimissioni con la promessa della ri-assunzione, donne che però in quel modo perderebbero l’anzianità e ripartirebbero da zero”. Infine, l’aumento dell’indennità di congedo parentale, che passa dal 30 al 60 per cento dello stipendio, non risolve il problema a monte: in Italia solo un uomo su tre lo richiede  e  si continua a perpetrare una distribuzione disomogenea dei ruoli di cura tra genitori. Se, come rimarcato dalla Presidente Meloni nella conferenza stampa di presentazione della legge di Bilancio 2024, uno dei suoi obiettivi è anche “smontare il racconto per il quale favorire la natalità è un disincentivo al lavoro delle donne”, l’Unione Donne in Italia giunge alla conclusione che l’attenzione esclusiva per le madri, per di più non con un unico figlio, toglie centralità ai diritti e ai bisogni delle donne, che, solo se davvero sostenute nel lavoro e nelle politiche di welfare, possono pensare di divenire consapevolmente madri.      

Comunicato sull'ammissione al RUNTS

Siamo consapevoli del fatto che l'attenzione che ci viene riservata in questo momento, a proposito dell'imminente cancellazione dal RUNTS delle UDI emiliano- romagnole tra le più storiche e radicate del Paese (UDI Ferrara, Modena e Ravenna), dipende dall'esposizione mediatica non troppo lusinghiera della Regione Emilia-Romagna a guida DEM e l'opportunità che la controparte politica ha intravisto nello screditare l'avversario sguinzagliando un giornale come Libero, che non hai mai perso l'occasione per ridicolizzare le nostre lotte per la piena cittadinanza delle donne, e che ora ha la presunzione di pensare che UDI non sia in grado di distinguere tra un'autentica manifestazione di solidarietà e una becera strumentalizzazione. A questo proposito, vogliamo rassicurare Libero della nostra capacità di raziocinio e far sapere che UDI è autonoma da qualunque partito e che non accetta che sulla propria pelle venga fatta campagna elettorale. Il problema che UDI sta facendo rilevare è molto serio perché la posta che le istituzioni locali e nazionali sono disposte a mettere in gioco è da capogiro: in ballo c'è la sopravvivenza stessa dell'associazionismo femminista separatista, quello che in 80 anni di storia - per quel che concerne l'UDI - ha lavorato strenuamente nottetempo nel solco dell'articolo 3 della Costituzione per una sua piena applicazione. Da oltre un anno, infatti, contestualmente alla trasmigrazione delle realtà del Terzo Settore al Registro Unico Nazionale, alcune UDI, non solo emiliano romagnole, sono alle prese con una situazione umiliante e dai tratti tragicomici: ci viene notificato dagli uffici regionali del RUNTS che, sulla base del decreto legislativo 117/2017 (evidentemente interpretato in modo discutibile), discrimineremmo gli uomini non consentendo loro l'affiliazione alla nostra associazione, e dunque in nome del carattere di apertura e non discriminazione che devono avere tutte le APS, pena la perdita di status e non ammissione/estromissione dal RUNTS, dovremmo farci carico di modifiche statutarie al fine di ammettere anche gli uomini fra le iscritte all'Unione donne in Italia preliminarmente passando all'uso del maschile non marcato "iscritti". Vani fino a ora i tentativi informali di spiegare che l'affiliazione esclusivamente femminile non è un dettaglio per le associazioni femminili, né una svista statutaria a cui porre con solerzia rimedio con una banale revisione di editing, ma il presupposto stesso della nostra costituzione, la ragione intrinseca e sostanziale della natura del nostro agire politico, che elaboriamo e mettiamo in atto con l'obiettivo di colmare lo svantaggio sociale che, da sempre, grava sulle donne a causa della normalizzazione secolare della disparità di potere fra i sessi definita dal Patriarcato e che solo le lotte dell’ultimo secolo delle donne hanno rilevato, tematizzato e denunciato creando mobilitazione attorno alla costruzione di una cultura e una società diversa da quella che conosciamo con le donne protagoniste. Poi cosa è successo? Anziché vedere la Regione Emilia-Romagna raccogliere la sfida con il Ministero preposto, quest'ultima ha perseverato nel comunicare il proprio dietrofront alle UDI già ammesse al RUNTS (UDI Ferrara, Modena e Ravenna) ribadendo i motivi ostativi al mantenimento della propria registrazione, già espressi ad altre UDI, e ponendo la scadenza dei 60 giorni per modificare lo Statuto e includere finalmente gli uomini, pena l'avvio della procedura di cancellazione. Così le tre UDI emiliano romagnole, di concerto con UDI Nazionale, hanno posto un quesito interpretativo del decreto 117/2017 direttamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e chiesto alla Regione Emilia-Romagna di sospendere la scadenza del 21 ottobre in attesa della risposta del Ministero. A dieci giorni dalla imminente cancellazione, non abbiamo ancora avuto rassicurazioni di nessun tipo, solo dichiarazioni a mezzo stampa da parte della Ministra Roccella, alla quale a questo punto chiediamo di lavorare congiuntamente alla Ministra Calderone, in modo da essere responsabilmente conseguente a quanto da lei stessa dichiarato. Non vogliamo concessioni, né la benevolenza di qualche benefattrice o benefattore che sia: pretendiamo piuttosto il riconoscimento che ci spetta, quantomeno nel non essere umiliate da interpretazioni ottuse della legge, senza una "visione" che tenga conto della complessità, e al contempo della ragionevolezza, delle cose.     

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SPECIALE - 8 MARZO 

Nell'ambito del progetto del coordinamento donne Anpi provinciale Roma " La primavera delle antifasciste" parleremo di Lidia Menapace militante e intellettuale, "partigiana per sempre",  presentando il libro che la rivista Left le ha dedicato. Lo faremo con la curatrice Rita De Petra e  con coloro che hanno contribuito al volume : Vittoria Tola, Leda Di Paolo, con la testimonianza di Paolo Crocchiolo e l'intervistato Maurizio Acerbo, alla presenza della Presidente dell'Anpi provinciale di Roma  Marina Pierlorenzi. Ripercorreremo la sua lunga vita, il pensiero politico, l'impegno per l'emancipazione e liberazione delle donne e la pace. Punto di riferimento per la sinistra e ....lezione per l'oggi.​