Intervista a Marisa Rodano a cura di Vittoria Tola

La mimosa tra simbolo e storia della Giornata internazionale della donna Intervista a Marisa Rodano a cura di Vittoria Tola  Nell’ottobre del 1945 si è tenuto il 1 Congresso dell’UDI e nel 2021 la mimosa compie 75 anni come fiore simbolo utilizzato nell’8 marzo del 1946 per le elezioni amministrative in cui le donne votavano per la prima volta. L’ Udi voleva che insieme ai materiali che distribuiva ci fosse un fiore e Marisa Rodano propone o, come dice qualcuna, “inventa” la mimosa.Ne parliamo con lei che il 21 gennaio compirà 100 anni. Marisa: Beh non è che me la sono inventata proprio io, ci siamo messe a discutere sul fatto che in Italia c’era bisogno di un fiore per l'8 Marzo. Quell'anno gli alberi di mimosa erano tutti fioriti e pensammo che questo fiore costava poco, si poteva raccogliere gratuitamente e quindi decidemmo per la mimosa. Quell’8 marzo 1946 era il primo che si celebrava nell'Italia ormai libera e la scelta della mimosa come fiore della Giornata internazionale della donna venne da sé. Mi è rimasta nella mente, con un'evidenza fotografica, l'immagine della riunione del Comitato direttivo dell' Udi nelle sale di Palazzo Giustiniani, che discuteva sulla necessità di scegliere un fiore per l'8 marzo («Come a Parigi i mughetti il primo maggio» disse, ricordo bene, Giuliana Nenni). Rammento che passammo in rassegna diverse possibilità: scartato il garofano, già legato al Primo maggio, esclusi gli anemoni perché troppo costosi, la mimosa sembrava convincente, perché, almeno nei dintorni di Roma, fioriva abbondante e poteva esser raccolta senza costi sulle piante che crescevano selvatiche. Fu così — è questo il fotogramma che rivedo — che disegnai un approssimativo rametto di mimosa con l'apposito punteruolo, che incideva la cera, sul cliché, con il quale sarebbe stata ciclostilata la circolare per i comitati provinciali…Tuttavia come ho già scritto in proposito esistono diverse vulgate: Può darsi che la mimosa abbia una doppia maternità (o paternità…) o addirittura una maternità molteplice: ho letto in un libro che l'inventrice del «simbolo della mimosa» sarebbe Teresa Chicchi Mattei. Nel Lazio e nel Sud, dove la pianta cresce spontanea, spesso fiorisce assai prima dell'8 marzo. Quando ero dirigente dell' Udi di Roma, ne facevamo venire quintali e trascorrere intere giornate a dividerla e a farne mazzetti era duro. Certo in quei giorni mi sarei ben guardata dal rivendicare con le mie compagne la maternità di quella scelta. Domanda: Avete cominciato a dare la mimosa nel '46, ma questo fiore che è diventato un simbolo dell’8 marzo, è stato riconosciuto come simbolo di lotta anche nel senso comune perché le donne che combattevano per il voto, i diritti delle donne, la pace e diffondevano “Noi Donne” con i volantini e la mimosa, in quegli anni e, soprattutto successivi al '48, venivano anche fermate dalla polizia...Marisa: Sì mi ricordo che venivano sequestrati i mazzetti di mimosa, venivano fermate le donne, e mi ricordo che allora noi ci organizzammo perché G. Di Vittorio, che allora era Segretario Generale della CGIL, facesse un giro per il comune di Roma ad offrire la mimosa alle donne. Domanda: In quegli anni l'UDI come era vista dalle istituzioni?Marisa: Dipendeva dal colore politico delle istituzioni, nel senso che dove c'era una prevalenza di sinistra era più accettata, dove c'era una prevalenza di destra era combattuta e negli anni della guerra fredda l'UDI è stata osteggiata, combattuta da parte dei governi, della polizia. Per esempio furono messe sotto attacco le colonie dell'UDI subito dopo la guerra e tutto il lavoro fatto per l'infanzia e per le famiglie più povere. Si fecero chiudere le colonie con pretesti vari e anche quando lavoravamo con bambini molto poveri che erano alla fame. Noi prendemmo bambini di famiglie napoletane o di Montecassino molto povere, magari senza casa e in una condizione durissima a causa del disastro della guerra, li portavamo a "svernare" e a rimettersi in Emilia presso famiglie disponibile con quelli che sono stati chiamati i Treni della felicità. Un’esperienza straordinarie e molto estesa. Lì si stabilivano dei rapporti che magari sono durati fino ad oggi. Un’ esperienza che continua a stupire chiunque l’affronti come sta succedendo oggi con pubblicazioni di grande successo. Domanda: Che effetto ti fa il fatto che la mimosa sia diventata anche il simbolo della "festa" dell’8 marzo come a un certo punto si è cercato di definirla?Marisa: Beh, ma noi volevamo che diventasse un simbolo positivo, anche di "festa" quando l'abbiamo scelta. E senza paura della mercificazione anche se questo succede quando vedi che la mimosa viene venduta dagli angoli delle strade e abbinata a tanti prodotti. Insomma senti che ormai il rischio esiste anche nel cambio di generazioni di donne diverse quando vedi che la criticano o la rifiutano come è successo recentemente. Oggi diversamente dai collettivi femministi degli anni ‘70 quando le giovani tornarono in piazza in occasione dell’8 marzo e la mimosa la adottarono, anche se cominciò ad essere venduta agli angoli delle strade, si potrebbe dire che come tutti i simboli questi hanno fasi in cui sono simboli di lotta e fasi in cui il senso originario si perde come l'8 marzo stesso che va a periodi. Negli ultimi anni ha ripreso il senso originario da cui era stato proposto tra fine 800 e primi 900. Ora è una giornata in cui viene da più parti proclamato lo sciopero mondiale diventando la giornata di mobilitazione internazionale delle donne per i loro diritti. Non è il fiore che determina le lotte ma sono le lotte che determinano il significato del fiore diciamo. Forse per questo è utile che ci sia la possibilità di fare questo libro a disegni da dare a tutti i bambini e le bambine nelle scuole elementari per raccontare loro questa storia. Bisogna cercare di trasmettere memoria e storia. Oggi le/i giovani pensano che i loro diritti ci siano sempre stati, ignorano completamente che ci fosse un’epoca nella quale bisognava lottare per conquistarli. Il meccanismo di dimenticanza anche negli ultimi 25 anni è troppo forte. La memoria è corta e resa anche più corta dai media e dal modo in cui si pensa e si comunica. Domanda: Sulla mimosa e sulla sua nascita ci sono versioni diverse come ci sono versioni diverse sull'8 Marzo, perché c'è chi lo fa nascere con l’incendio della fabbrica della "Triangle", dopo tutti i tentativi fatti precedentemente al 1911...Marisa: Negli Stati Uniti e poi nel 1910 Clara Zetkin aveva posto il problema al convegno delle socialiste di Copenaghen. Dopodiché in Italia il primo momento in cui si riprende la giornata internazionale dell'8 Marzo è al Congresso del Partito Comunista di Livorno nel '21. Quindi tutte date molto diverse che però dopo la guerra, proprio in Assemblea Costituente fu celebrata da Nadia Spano come Giornata Internazionale, non una “festa”, ma una giornata sui diritti e le lotte delle donne riconosciuta da tutti. Ma io ricordo anche che poi al Parlamento Europeo quando proposi di celebrare l'8 marzo negli anni 80, ci fu un collega, tedesca, che mi disse " Ma Dio, quella è una festa dell'Ex unione sovietica!" Proprio non si può festeggiare! (ride).Ma proprio per l’importanza che le donne sovietiche le attribuirono nel '17 (ride), così è nella vulgata corrente ma in realtà l'idea di una Giornata Internazionale è nata negli Stati Uniti d’America dalle suffragette e socialiste americane. Per dire come l'immaginario collettivo una volta che è passato un certo messaggio fa difficoltà a cambiare. Oggi certo è molto difficile perché  siamo nelle mani di un tipo di informazione in cui le notizie false sono all'ordine del giorno... come certi giornalisti molti dei quali sono ignoranti. D: Quindi come vedi il futuro?Marisa: Lottando come sempre. Tanto le donne e l’Udi sono sempre contro venti e maree!(ride).  8 Marzo 2021    

Marisa Rodano per il calendario UDI 2023 "Fuori la guerra dalla storia"

Le donne hanno combattuto nella resistenza antifascista, anche con le armi in mano. Ma lo hanno sempre fatto, anche se sembra una contraddizione, in nome della pace. Non a caso sono le donne che hanno animato quella che poi è stata definita la resistenza civile, fatta di solidarietà ai combattenti, di aiuto ai prigionieri e ai “disertori”, di contrasto alle razzie e alle deportazioni, di lotte per il pane.  Fu quella azione che contribuì in modo determinante, alla azione dei partigiani e delle truppe alleate e restituì all’Italia almeno una parte della dignità perduta col fascismo e la fuga dei Savoia. Potremmo dire che il modo in cui noi abbiamo concepito la necessità di combattere allora è stato proprio quello che poi è stato sancito dalla Costituzione nell’articolo 11. Le donne hanno combattuto per ripudiare la guerra come strumento capace di assicurare pace e giustizia tra le nazioni. Esattamente il contrario della guerra come continuazione della politica con altri mezzi. La guerra è la negazione della politica della possibilità per l’umanità di combattere i suoi veri nemici: la fame, l’ingiustizia, le malattie e oggi la crisi climatica. Per tutta la vita ho combattuto per la pace. Sono stata sempre perché si cercassero soluzioni politiche e pacifiche ai conflitti, perché si attuassero politiche di disarmo, perché si cercasse l’accordo anche con quelli che venivano considerati nemici. Anche il sostegno alle lotte di liberazione di tanti paesi dall’Algeria al Vietnam, è stato per me un modo per chiedere la pace, per affermarla nel mondo, per far cessare le politiche coloniali e di potenza. Penso che il fatto che leader politici, anche di paesi che si dichiarano democratici, usino con tanta disinvoltura armi terribili, giustifichino la guerra, l’aumento delle spese militari, sia un terribile passo indietro. Non abbiamo ancora imparato che la guerra, non solo è crudele, ma è tragicamente inutile. E’ un’illusione, oggi sempre più pericolosa, pensare di risolvere sul piano militare i conflitti. Produce odio e crea le condizioni per altri conflitti. E purtroppo gli ultimi decenni ne sono una testimonianza. Noi donne siamo portatrici non di un pacifismo istintivo. Noi donne sappiamo che i conflitti esistono, ma abbiamo capito che vanno riconosciuti. Sappiamo che le società o sono inclusive, o ci si prende cura dell’altro, si ascoltano i suoi problemi e le sue paure, oppure il prevalere della competizione e dello scontro ci trascina indietro e nega i diritti di tutte e di tutti. Per questo dobbiamo combattere sempre, contro tutte le guerre, chiunque le scateni e le combatta. Marisa Rodano, agosto 2022     

UDI ricorda Ormea Luppi

Carissime,purtroppo abbiamo una notizia non buona da darvi. Ieri è scomparsa una nostra straordinaria figura, dell’UDI di Ferrara, ma soprattutto dell’UDI di Bondeno: Ormea Luppi. Ricordiamo di Ormea i suoi precisi interventi sulle tematiche politiche che UDI conduceva, il suo impegno sulle campagne per presentare Leggi, per sostenere referendum, per partecipare a progetti di solidarietà, per es. ospitando nel suo circolo una delegazione di profughe vittime della guerra dell’ex Jugoslavia. La solidarietà l'aveva vissuta fin da ragazzina nella sua famiglia dove era arrivato Armando, un bambino napoletano attraverso "un treno della felicità". Ormea aveva la grande capacità di relazionarsi con altre donne e fare gruppo. I suoi spostamenti abitativi Bondeno - Scortichino – Bondeno, sono stati segnati dal rinvigorimento dei circoli UDI e dalla loro ricca attività. In particolare, il Circolo UDI di Scortichino, grazie ai suoi interventi nei momenti nazionali dell’UDI, era diventato noto a tutte, tanto da invogliare dirigenti nazionali a farsi invitare per un confronto. L’UDI deve molto ad Ormea, e resterà un esempio e una icona per tante. La sua passione per la politica delle donne era una pratica di vita, esempio per tutte coloro che hanno avuto la fortuna di condividere pezzi di strada. Un abbraccio al figlio Marco e alle sue adorabili nipoti. UDI Ferrara  ​

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